Cosa si nasconde dietro le varie strategie e tecniche per ottenere abbondanza?
Ci sentiamo forse mancanti? E di cosa?
Vorrei accennare al tema sull’abbondanza concentrando l’attenzione sul di meno piuttosto che sul di più. Di meno non è mancanza e di più non è abbondanza.. Non necessariamente.
Di quante cose abbiamo realmente bisogno?
E’ una domanda a cui non è possibile rispondere superficialmente, bisogna chiederselo più volte nel passare del tempo mentre via via vengono smantellate tutte le necessità che in realtà non sono così fondamentali come può sembrare.
Piuttosto che chiederci cosa vogliamo e spostare l’attenzione sull’oggetto desiderato, risulta molto più efficace indagare profondamente su chi siamo e cosa è naturale per noi. Questo richiede un elevato grado di introspezione e una ricerca continua.
E’ ovvio che sul “chi siamo” non può essere data una risposta definitiva e oggettiva, e non è neanche utile filosofeggiare su conclusioni metafisiche.
Si tratta di una forma di esplorazione in cammino, un continuo mettere da parte ciò che credevamo essere mentre in realtà è soltanto un vestito.
Se scoprissimo che la maggior parte di ciò che vogliamo viene da un condizionamento? Immaginiamo di dover mangiare una certa quantità di cibo, o magari di aver bisogno di una grande casa, o di mettere su famiglia per sentirci realizzati e via dicendo.
Risulta assolutamente necessario distaccarsi dalle pressioni del mondo circostante e dai pensieri generati da emozioni di carenza che abbiamo memorizzato senza neanche saperlo.
E’ davvero così naturale per noi questo o quell’altro bisogno?
Tempo fa stavo visitando una nuova e grande casa di un’amica. In passato probabilmente mi sarei sentito in parte invidioso, soprattutto se messa in confronto alla casa in cui vivo attualmente. Ciò che però stavo pensando era: “per quanto può essere bella e grande – e lo è decisamente – si può essere solo dentro una stanza alla volta.”
Che strano pensiero: “si può essere solo su una stanza alla volta.” Mi è venuto fuori spontaneamente mentre ci spostavamo da una stanza all’altra.
Mentre lo spazio interiore è vasto ed infinito, lo spazio esteriore, per quanto grande, sarà sempre finito. Dopo quell’esperienza sono tornato in casa con un senso di profonda gratitudine. Lo spazio di casa mia è meno della metà di quella casa, eppure la sentivo come mia. Probabilmente con un altro assetto interiore sarei tornato e mi sarei sentito ancora più mancante e magari con una punta d’invidia.
Scrivendo questo non sto affatto dicendo che non si può sentire come propria anche una casa grande… Voglio solo portare l’attenzione sulla questione che ognuno di noi deve porsi:
– Di cosa realmente ho bisogno?
– Cosa sento mio e cosa percepisco come in eccesso?
– Di più è necessariamente meglio?
Di quanto cibo abbiamo bisogno? Molti temono di essere denutriti e deboli, per cui sentono il bisogno di mangiare più del dovuto. Questo viene dal condizionamento con cui siamo cresciuti dove le madri ci costringevano a mangiare contro la nostra volontà perché “altrimenti non cresci”.
Ma si può mangiare meno e sentirsi sempre pieni di energie, anzi, per esperienza l’energia non viene necessariamente dal cibo.
Abbiamo davvero bisogno del caffè al mattino per svegliarci? Davvero non pensiamo che la natura da sola non sia sufficiente per darci l’energia che ci serve per metterci in piedi? Certo, è anche possibile che forse dobbiamo iniziare un po’ a disintossicarci per rendercene conto.
Abbiamo davvero bisogno di tutti quei profumi, vestiti, scarpe, ecc.?
Possiamo sentirci sazi a partire da un senso di benessere connesso ad uno stato di abbondanza interiore.
Infatti più stiamo bene interiormente e meno sentiamo la necessità di mangiare, bere, fare sesso, intrattenerci.. L’argomento sesso riconosco quanto sia delicato, per cui lo affronterò in un altro articolo più approfondito.
Gli esempi che potrei fare sono infiniti, quello che importa è comprendere il principio di fondo.
Vale lo stesso discorso anche nella sfera affettiva, quando ci raccontiamo di non poter fare a meno di una certa persona.
La questione riguarda sempre il senso di mancanza che ci spinge a pensare di dover avere sempre di più per stare meglio o forzarci nel mantenere le cose così come sono opponendoci agli inevitabili cambiamenti.
Ed infatti si apre un’enorme opportunità di rivedere il nostro limite non come qualcosa che ci limita, non come un blocco, ma come qualcosa che stimola la riflessione, l’auto indagine e perfino la creatività.
“La pratica dello zen è come infilare un serpente in una canna di bambù. Nella limitazione si può trovare la felicità e la conoscenza di tutto l’universo.”
Shunryu Suzuki – Roshi
E’ meraviglioso riconoscere che il nostro stato di coscienza con il tempo si va ripulendo splendendo sempre di più e lasciando cadere tutto ciò che non è necessario. Smettiamo di essere nostalgici perché non vorremmo più barattare la saggezza acquisita con tanti dubbi e sofferenze per qualche ruga e capello bianco in meno.
Siamo realmente sempre più liberi, non solo idealmente e filosoficamente.
Possiamo iniziare subito a sperimentare certe sensazioni creando dei piccoli disagi come strumento della nostra pratica. Proviamo a non correre a coprirci alla minima sensazione di freddo. Possiamo sentire il freddo senza soffrirlo. Possiamo provare con piccoli passi senza darci compiti troppo difficili; Con il cibo, con il bisogno di vedere le notifiche, con il desiderio di chiamare l’amico solo per sentirci meno soli.. Rimandare queste azioni anche per qualche minuto domandandoci se realmente ne abbiamo bisogno?
Approfondirò questo argomento in un prossimo articolo sulle dipendenze.